La Corte di Cassazione – Sez. Tributaria Civile – con l’ordinanza interlocutoria n. 15545 depositata in cancelleria il 21 luglio 2020 ha trasmesso gli atti al Primo Presidente della Corte stessa per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della delicata questione della scissione dei termini di notifica per posta degli atti tributari impositivi.
Infatti, sulla scia dell’insegnamento di Cass., Sez. Un. n. 12332/2017, in tema di notifica di sanzioni amministrative, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha recentemente affermato che tale principio opererebbe anche per la notifica degli atti impositivi tributari, con ogni conseguenza in tema di tempestività dell’attività di recupero fiscale [in tal senso, Cass. n. 9749/2018, in tema di accertamento IMU, così massimata: “L’esercizio del potere impositivo è assoggettato al rispetto di un termine di decadenza, insuscettibile d’interruzione a garanzia del corretto instaurarsi del rapporto giuridico tributario, ai fini del rispetto del quale, a differenza di quanto avviene per il termine di prescrizione, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto, e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente”].
Hanno dichiaratamente dato seguito a tale innovativo arresto le successive ordinanze, della Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, n. 3091/2019 (in tema di cartella di pagamento per errato rimborso ex art. 43 D.P.R. n. 602/1973), nonché Cassazione, Sez. 6-Tributaria, n. 3560/2019 (che, sia pure in obiter dictum, afferma addirittura sussistere un principio consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, circa l’efficacia interruttiva della prescrizione del credito tributario per effetto della mera consegna dell’atto impositivo all’ufficio postale, all’uopo richiamando i già citati precedenti del 2018 e del 2017, che non riguardano invero detta questione).
Per la verità, non mancano anche più risalenti pronunce che hanno fatto applicazione del detto principio anche alla materia della notifica degli atti impositivi tributari a mezzo del servizio postale, sulla base di un supposto principio generale evincibile dalla già citata Corte Costituzionale n. 477/2002 (così, Cass. n. 1647/2004, Cass. 15298/2008; Cass. n. 26053/2011, Cass. n. 22320/2014, nonché, ancora recentemente, Cass. n. 33277/2019).
Tale orientamento, tuttavia, si pone in non dichiarato contrasto con altro insegnamento, seguito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – e ben più consistente, secondo cui “In tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio” così, Cass. n. 8374/2015, conforme, Cass. n. 21071/2018, sulla non estensibilità della sanatoria ex art. 156 c.p.c. per raggiungimento dello scopo alla decadenza dal potere impositivo già verificatasi per mancato perfezionamento della notifica entro il prescritto termine, si vedano anche Cass. n. 2272/2011, Cass., n. 10445/2011, Cass. n. 12007/2011, Cass. n. 1088/2013, Cass. n. 654/2014, Cass. n. 2203/2018, tutte rese nel solco di Cass., Sez. Un., n. 19854/2004, così massimata:
“La natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ..
Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento”.
In particolare, nell’affrontare il problema dell’applicabilità dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c., al tema della notifica degli atti impositivi tributari, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, hanno affermato (in motivazione) che:
“La notificazione costituisce un elemento essenziale della fattispecie necessaria per evitare la decadenza dell’amministrazione. In altri termini, dall’esercizio del diritto di difesa mediante proposizione del ricorso non può mai derivare una convalida ex tunc di un atto imperfetto, di per sé inidoneo ad evitare la decadenza. Si tratta di una conseguenza dell’applicazione di principi generali, nei casi in cui la legge pone limiti temporali all’esercizio di poteri amministrativi”.
A conferma della amplissima diffusione, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, del superiore convincimento, è sufficiente osservare che numerose altre pronunce (ben più di venti), ancora di recente, hanno dato seguito all’insegnamento dell’ultima decisione selezionata.
La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione è ben consapevole che l’arresto di Cass., Sez. Un., n. 12332/2017, oltre che equiparare quoad effectum la “comunicazione” alla “notificazione” di un atto, opera una ulteriore estensione del noto principio della scissione anche riguardo agli atti amministrativi sanzionatori di indiscutibile natura recettizia.
Tale estensione è stata operata anche sulla scorta dell’apertura offerta da Cass., Sez. Un., n. 24822/2015, che – ampliando l’orizzonte rispetto al tradizionale ambito oggettivo di riferimento del tema in discorso, offerto dai soli atti processuali – ha ritenuto applicabile il detto principio anche agli effetti sostanziali di tali atti, ove non altrimenti producibili (pronuncia resa in tema di azione revocatoria ordinaria e relativa interruzione del termine prescrizionale), ricorrendo al metodo del bilanciamento degli interessi coinvolti.
Tuttavia, l’ulteriore estensione dell’insegnamento in questione agli effetti sostanziali degli atti impositivi tributari, come operata de plano dalla citata Cass. n. 9749/2018 (e comunque come applicata dall’ulteriore sequenza giurisprudenziale indipendente dalle stesse pronunce delle Sezioni Unite del 2015 e del 2017), non convince la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione fino in fondo, necessitando almeno di un opportuno approfondimento.
Del resto, la progressiva cesellatura di nuovi spazi di manovra per il principio della scissione rischia di tradursi in una sua generalizzata estensione, ad eccezione dei soli atti negoziali recettizi, i cui effetti sono espressamente disciplinati dall’art. 1334 c.c..
Non sembra, dunque, affatto casuale che, nella motivazione di Cass. n. 24822/2015, da cui muove la successiva pronuncia del 2017, siano addirittura dedicati almeno due paragrafi alla necessità di un self restraint da parte dell’interprete, il quarto e il quinto, significativamente intitolati “Non esiste una soluzione generalizzata per tutte le norme e per tutti i casi” e “La scissione soggettiva degli effetti della notificazione: non è un principio valido per tutte le ipotesi normative”.
Non pare, poi, secondario, su un piano più generale, il disposto dell’art. 6, comma 1, della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), che nel mantenere ferme le norme in tema di notifica degli atti tributari, stabilisce espressamente che “L’amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”.
Infatti, ribadita la pacifica natura recettizia dell’atto impositivo (natura che, di per sé, – secondo il più volte citato arresto delle Sezioni Unite del 2017 – non sarebbe però ostativa all’applicazione del principio della scissione), resta indefinito il complessivo regime di efficacia dell’atto impositivo nella fase precedente alla sua conoscenza da parte del contribuente, e ciò anche al lume del disposto dell’art. 21-bis della legge n. 241/1990 (“Il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso …”.
Sull’applicabilità all’ambito tributario dei principi generali desumibili dalla legge sulla trasparenza amministrativa si veda, ex plurimis, Cass. n. 27561/2018, ove si tenga conto del fatto che la stessa decadenza dal potere impositivo è, indiscutibilmente, un effetto favorevole al contribuente stesso, di cui egli legittimamente potrebbe decidere di avvalersi.
Quanto precede, dunque, amplifica il dubbio sulla effettiva estensibilità del principio della scissione anche alla materia che occupa, perché l’atto acquista efficacia, nei confronti del contribuente, con l’ingresso nella sua sfera di conoscenza (o legale conoscibilità).
Opinare che ciò non valga del tutto, almeno riguardo alla decadenza dal potere impositivo – per la quale, peraltro, la legge attribuisce all’Amministrazione termini sufficientemente ampi – significherebbe porre la decadenza stessa su un piano diverso ed esterno rispetto a quello dell’efficacia dell’atto, o quantomeno ipotizzarne un dispiegamento di effetti a geometria variabile, in ogni caso sottraendo spazi di tutela tradizionalmente riconosciuti al contribuente, il che non pare consentito dalle norme sopra richiamate.
Del resto, già la più volte citata Cass., Sez. Un., n. 24822/2015 avvertiva che “Il vero problema è l’incertezza giuridica medio tempore” (questo il titolo del par. 5.1 della motivazione), questione che per l’atto impositivo sostanziale sembra, in ogni caso, atteggiarsi in maniera differente che per l’atto processuale (quand’anche esplicante effetti sostanziali): quest’ultimo è regimentato all’interno di un percorso (il processo) esattamente disciplinato e adeguatamente governato dal giudice, mentre il primo è dotato di intrinseca autosufficienza, sicché l’incertezza sulla sua efficacia che, applicando il principio della scissione, potrebbe protrarsi anche per un tempo assai significativo.
A tutto quanto precede può, infine, aggiungersi che assai di recente, nell’ambito della legislazione emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, l’art. 157, comma 1, del d.l. n. 34/2020 (c.d. Decreto rilancio) ha codificato il principio della scissione in discorso per gli atti impositivi tributari la cui decadenza matura tra 1’8 marzo e il 31 dicembre 2020, sancendo che detto termine decadenziale si intende traslato a quest’ultima data quanto alla sola emissione degli atti stessi, mentre la relativa notificazione deve perfezionarsi tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo eccezioni che qui non interessano.
Pertanto, argomentando a contrario, se ne ha che un simile principio non sembra potersi ricavare dalla normativa previgente, giacché in siffatta evenienza il legislatore emergenziale non avrebbe avuto ragione di adottare una simile norma (o meglio, avrebbe dovuto connotarla diversamente, tenuto conto della sua finalità).
Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, la Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – con l’ordinanza interlocutoria citata n. 15545/2020 ha trasmesso gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite perché, una volta per tutte, decida la problematica.
Lecce, 26 settembre 2020
Avv. Maurizio Villani
Avv. Antonella Villani
AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
Patrocinante in Cassazione
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