1.Premessa
2.Normativa di riferimento
3.La Consulta e la Suprema Corte richiedono l’intervento del legislatore
4.La proposta di legge che riforma la giustizia tributaria
4.1.Gli organi della giurisdizione tributaria
4.2. I giudici onorari tributari
4.3.I giudici dei Tribunali Tributari e delle Corti d’Appello
4.4. La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria
4.5. Il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria
1.Premessa
A seguito dell’ampia discussione parlamentare in materia di “riforma fiscale” che ha deflazionato il contenzioso tributario e posto delle ottime basi per portare avanti la tanto auspicata riforma della giustizia tributaria, chiesta a gran voce dal mondo professionale, ancor più forte è la necessità di porre al centro del processo tributario il binomio contribuente-cittadino.
Per tale ragione, il 23 Gennaio alle ore 11.30, presso la sala conferenza della Camera dei Deputati, è stata presentata una proposta di legge(primi firmatari Giulio Centemero e Alberto Gusmeroli) che riprende in gran parte la riforma legislativa dell’Avv. Maurizio Villani e che si pone l’obiettivo di garantire al contribuente un’efficace difesa davanti a un giudice tributario veramente terzo e imparziale, nel pieno rispetto dei dettami dell’art. 111, secondo comma della Costituzione, come è stato più volte rilevato dalla stessa Consulta e dalla Suprema Corte.
In tal senso si è espressa, recentemente, l’Autorità Nazionale Anticorruzione che, nel documento di aggiornamento 2018 al Piano Nazionale Anticorruzione, con riferimento alle Commissioni Tributarie, evidenziandone le criticità, ha auspicato un intervento legislativo “ volto a rideterminare l’ambito delle professionalità idonee a esercitare la funzione giurisdizionale attribuita” alle stesse; in tale documento, altresì, si afferma che: “una riflessione più ampia potrebbe riguardare la riforma dell’intero sistema della giurisdizione tributaria, al fine di riservare tale funzione a giudici in possesso di una preparazione specifica, a garanzia dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’organo giudicante e di ridefinire le regole del processo nel rispetto dei principi fissati dall’art. 111 della Costituzione, anche con riferimento alle procedure deflattive del contenzioso”.
Prima di esaminare la predetta proposta di legge, giova inquadrare i principi costituzionali, cardini della riforma in oggetto, e fare un breve excursus della giurisprudenza costituzionale e di legittimità che ha da sempre auspicato l’intervento del legislatore.
2.Normativa di riferimento
E’ opportuno evidenziare che le Commissioni tributarie provinciali e regionali si sono insediate il 1°aprile 1996, con il decreto ministeriale 26 gennaio 1996; dopo oltre 20 anni, pertanto, è giunto il momento di modificare radicalmente il sistema della giustizia tributaria, affidandolo a una magistratura specialistica e autonoma, per completare la parziale riforma del processo tributario, attuata con il D.lgs n.156 del 24 settembre 2015.
Per riformare strutturalmente tali Commissioni, la proposta di legge ha osservato scrupolosamente i principi della seguente normativa di riferimento:
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Art. 111, comma secondo, della Costituzione:
“Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.
Pertanto, non potendosi considerare terzo e imparziale un giudice tributario nominato su proposta del Ministro delle finanze (art. 9, primo comma, D.Lgs. n. 545/92), la proposta di legge citata ha previsto, come si vedrà nei paragrafi seguenti, che l’organizzazione e la gestione dei giudici tributari sia affidata esclusivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, onde assicurare terzietà e imparzialità dell’organo giudicante.
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Art. 106, comma primo, della Costituzione:
“Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso”.
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Art. 108, comma secondo, della Costituzione:
“La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia”.
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Art. 6, paragrafo primo, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del 04/11/1950, ratificata dall’Italia con Legge n. 848 del 04/08/1955 (art. 117 della Costituzione):
“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge….”.
Essendo la CEDU una norma interposta, la sua applicazione nell’ordinamento interno è mediata dalla norma costituzionale dell’art. 117, primo comma della Costituzione che subordina, appunto, l’esercizio della potestà legislativa dello Stato ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali assunti. Inoltre, anche le principali Carte internazionali dei diritti, nel garantire ad ogni persona il cosiddetto diritto di “accesso alla giustizia”, affermano che tale diritto deve essere esercitato dinanzi al giudice – lato sensu – “competente” secondo le leggi nazionali (cfr., ad esempio, l’art. 8 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: “Ogni individuo ha diritto ad una effettiva possibilità di ricorso ai competenti tribunali nazionali [….]”; l’art. 14, prf. 1, secondo periodo, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881: “Ogni individuo ha diritto ad un’equa e pubblica udienza dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale stabilito dalla legge[….]”;l’art. 47, prf. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente [….] da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge”).
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Art. 39, comma primo, D.L. n. 98 del 06/07/2011, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 111 del 15/07/2011 (in G.U. n. 164 del 16/07/2011) <<Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria>>:
“Al fine di assicurare una maggiore efficienza del sistema della giustizia tributaria, garantendo altresì imparzialità e terzietà del corpo giudicante, sono introdotte disposizioni volte a:
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rafforzare le cause di incompatibilità dei giudici tributari;
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incrementare la presenza nelle Commissioni tributarie regionali di giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari, e contabili in servizio o a riposo ovvero tra gli avvocati dello Stato a riposo (Lettera così modificata, in sede di conversione, dalla Legge n. 111 del 15 luglio 2011);
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ridefinire la composizione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria in analogia con le previsioni vigenti per gli organi di autogoverno delle magistrature.”
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Art. 10 della Legge delega n. 23 dell’11/03/2014:
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“Il Governo è delegato ad introdurre, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, norme per il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente, assicurando la terzietà dell’organo giudicante….” (primo comma);
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“rafforzamento della qualificazione professionale dei componenti delle commissioni tributarie, al fine di assicurarne l’adeguata preparazione specialistica” (primo comma, lett. b), n. 8).
Norma citata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 07 aprile 2014 e totalmente ignorata e disattesa dall’odierno legislatore.
3.La Consulta e la Suprema Corte richiedono l’intervento del legislatore
La Corte Costituzionale, nel corso degli anni, è più volte intervenuta sollecitando il legislatore a riformare strutturalmente la giustizia tributaria.
Già a partire dagli anni ’80, la Consulta auspicava l’intervento del legislatore con due pronunce, la n. 154/1984 e la n.212/1986; rispettivamente nella prima sentenza (n.154/1984) la Suprema Corte ha affermato che “…rimangono le molte deficienze del contenzioso tributario, ampiamente segnalate in dottrina e dagli operatori del settore, per le quali il Parlamento è ora chiamato a porre rimedio” e nella seconda(n. 212/1986) ha ribadito che “…risultando definitivamente consolidati l’opinione dottrinale e l’orientamento della giurisprudenza sulla natura giurisdizionale delle predette commissioni, non potrebbe ritenersi consentita un’ulteriore protrazione della disciplina attuale: per contro, è assolutamente indispensabile, al fine di evitare gravi conseguenze, che il legislatore intervenga onde adeguare il processo tributario all’art. 101 della Costituzione, correttamente interpretato”.
Successivamente la Consulta, con ordinanza n.144/1998, sollecitata dalla CTP di Lecce con ordinanza del 24 febbraio 1997, su eccezione dell’Avv. Maurizio Villani, ha statuito che “L’obbligo di procedere alla revisione delle anzidette giurisdizioni speciali preesistenti ha consentito l’intervento del legislatore con leggi posteriori a Costituzione attraverso mutamenti graduali (v., per tutte, le disposizioni integrative e correttive emanate in base all’art. 17, secondo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, i cui termini sono stati ripetutamente prorogati) e con parziali adeguamenti, anche per colmare “le molte deficienze del contenzioso tributario” sottolineate dalla Corte con invito a “riordino legislativo dell’intera materia” (sentenze n. 154 del 1984 e n. 212 del 1986).
Che allo stesso modo l’intervenuta revisione non vincola il legislatore ordinario a mantenere immutati nell’ordinamento e nel funzionamento le commissioni tributarie come già revisionate”; “per le preesistenti giurisdizioni speciali, una volta che siano state assoggettate a revisione, non si crea una sorta di immodificabilità nella configurazione e nel funzionamento, né si consumano le potestà del legislatore ordinario; che questi conserva il normale potere di sopprimere ovvero di trasformare, di riordinare i giudici speciali, conservati ai sensi della VI disposizione transitoria, o di ristrutturarli nuovamente anche nel funzionamento e nella procedura, con il duplice limite di non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla loro rispettiva competenza e di assicurare la conformità a Costituzione, fermo permanendo il principio che il divieto di giudici speciali non riguarda quelli preesistenti a Costituzione e mantenuti a seguito della loro revisione” (sull’obbligo di non snaturare la competenza tributaria dei giudici speciali, si rinvia anche alla sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 24/07/2009).
Inoltre, anche la Suprema Corte in numerose sentenze ha ribadito la necessità di un intervento legislativo che garantisca un’adeguata tutela al contribuente dinanzi a un giudice terzo, imparziale e specializzato.
Precisamente, nella decisione n.44/2016 i giudici di legittimità hanno sottolineato che in altre loro pronunce, con riferimento all’art. 24 Cost, è stato chiarito che “«tale precetto costituzionale “non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti […] purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale” (sentenza n. 63 del 1977; analogamente, cfr. sentenza n. 427 del 1999 e ordinanza n. 99 del 2000)» (ordinanza n. 386 del 2004).
Alla luce di questi principi, deve ritenersi che nella disciplina in esame il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia individuato un criterio attributivo della competenza che concretizza «quella condizione di “sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 della Costituzione” suscettibile “di integrare la violazione del citato parametro costituzionale” (così, nuovamente, la sentenza n. 237 del 2007)» (ordinanza n. 417 del 2007)”.
In riferimento alle sentenze manipolative della Consulta, la Suprema Corte nell’ordinanza n. 227 del 21.09.2016 ha statuito che “interventi di questo tipo – manipolativi di sistema – sono in linea di principio estranei alla giustizia costituzionale, poiché eccedono i poteri di intervento della Corte, implicando scelte affidate alla discrezionalità del legislatore (ex plurimis, sentenze n. 248 del 2014 e n. 252 del 2012; ordinanze n. 269 del 2015, n. 156 del 2013, n. 182 del 2009, n. 35 del 2001 e n. 117 del 1989)”.
In ultimo, con le due pronunce a Sezioni Unite, la Suprema Corte ha richiamato i suesposti principi della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 13902 del 05 giugno 2007.
Ancora, con la sentenza n.8053/2014 , le Sezioni Unite, in riferimento alla professionalità del giudice tributario, hanno precisato che: “Mentre resta nel limbo del “non giuridico” ogni discorso sulla (mancanza di adeguata) “professionalità” del giudice tributario, che non reclama come ineludibile corollario logico una specialità del controllo di legittimità, ma semmai pone l’accento sulla irrinunciabile professionalizzazione del giudice quale elemento determinante della tutela giurisdizionale dei diritti (e in ciò sembra rientrare, a pieno titolo, la previsione dell’art. 10, comma 1, lettera b), n. 8), della ricordata legge n. 23 del 2014, circa la doverosa ispirazione del legislatore delegato all’adozione di misure volte al “rafforzamento della qualificazione professione dei componenti delle commissioni tributarie, al fine di assicurarne l’adeguata preparazione specialistica” nel quadro di una prospettiva di crescita dello spessore della tutela giurisdizionale del contribuente con l’assicurata terzietà dell’organo giudicante”.
Altresì, nelle sentenze nn.29 e 30, pronunciate a Sezioni Unite e depositate il 5 gennaio 2016, il Supremo Consesso, ha aggiunto che “…come per la giurisdizione ordinaria (cfr., in generale, artt. da 7 a 36, 39 e 40, nonché da 42 a 50 cod. proc. civ.), così anche per la giurisdizione amministrativa e per ciascuna altra giurisdizione “speciale” – non la Costituzione, che non detta disposizioni sulla “competenza in senso stretto”, ma la legge ordinaria non soltanto distingue nettamente “giurisdizione” e “competenza” (come, del resto, fa l’art. 117, secondo comma, lettera I, Cost., che riserva allo Stato la legislazione esclusiva nelle materie «giurisdizione e norme processuali»), ma detta proprie e specifiche regole processuali, che stabiliscono sia criteri per la distribuzione delle controversie tra i vari organi appartenenti a ciascuna giurisdizione (competenza in senso stretto, appunto), sia forme e modi per il promovimento e per la risoluzione delle questioni e dei conflitti concernenti l’applicazione di detti criteri (cfr., ad esempio: per la giurisdizione amministrativa, gli artt. 4, da 7 a 12, da 13 a 16 cod. proc. amm., il quale ultimo articolo ha introdotto anche nella giustizia amministrativa l’istituto del regolamento di competenza, deciso dal Consiglio di Stato; per la giurisdizione della Corte dei conti, l’art. 1, comma 7, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, che attribuisce alle sezioni riunite della Corte, tra l’altro, la decisione sui «conflitti di competenza»; per la giurisdizione tributaria, gli artt. da 2 a 5 del D.Lgs.. 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni)”.
Infatti, la Corte Costituzionale ha costantemente riconosciuto che spetta sempre al legislatore ordinario decidere discrezionalmente la sorte delle giurisdizioni speciali preesistenti(Corte Costituzionale sentenza n. 17/1965), come corollario della ritenuta legittimità della sopravvivenza delle stesse dopo il compimento del quinquennio fissato per la loro revisione (orientamento costante fin da Corte Costituzionale n. 41/1957)”.
In conclusione, pertanto, sia la Corte Costituzionale sia la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, hanno da sempre sollecitato il legislatore a riformare strutturalmente la giustizia tributaria con legge ordinaria e non costituzionale, come sopra esposto.
4. La proposta di legge che riforma la giustizia tributaria
4.1.Gli organi della giurisdizione tributaria
La proposta di legge prevede che la giurisdizione tributaria è esercitata-in forma autonoma e indipendente sull’intero territorio nazionale- dal giudice onorario tributario, dai Tribunali Tributari, dalle Corti d’Appello tributarie, con le relative sedi distaccate, e dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione, secondo criteri di efficienza e di professionalità.
I giudici tributari applicano le norme processuali di cui al D.lg.s n.546/1992, così come modificato dal D.lgs n. 156/2015, per l’uniformità del rito come strumento di semplificazione e celerità.
Inoltre, per quanto non disposto dal citato D.lgs n.546/1992, il giudice tributario applica le disposizioni del codice di procedura civile, qualora siano compatibili con il giudizio tributario.
La novità di rilievo della proposta di legge di riforma della giustizia tributaria è che, per rendere effettiva l’indipendenza dei giudici tributari, ai sensi dell’art.111 comma 2 Cost, ha sottratto al Ministero dell’Economia e delle Finanze la loro gestione e organizzazione , in quanto esso stesso parte interessata nel contenzioso, per affidare tale organizzazione e gestione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, organismo terzo per eccellenza, affinchè la giustizia tributaria sia nella sostanza,ma anche nell’apparenza, indipendente e autonoma.
La proposta di legge in questione, che è stata presentata alla Camera il 23 gennaio scorso, istituisce la quinta magistratura, quella tributaria, speciale e indipendente rispetto a quella ordinaria, amministrativa, contabile e militare.
Giova mettere in evidenza, altresì, che la proposta di legge prevede un numero massimo nazionale di giudici tributari, fissato in 800 unità, al fine di realizzare in maniera efficiente e concreta, tenendo presente le risorse economiche dello Stato, la riforma della giustizia tributaria.
4.2.I giudici onorari tributari
La proposta di legge introduce la figura del giudice onorario tributario per le controversie di minore rilevanza economica.
E invero, sebbene dalla relazione MEF di giugno 2018 il trend del contenzioso tributario risulta in diminuzione; di converso, si evidenzia che il dato relativo al deposito dei ricorsi con valore inferiore a € 3.000, 00 è pari a 65.786(44, 3%), con valore complessivo di €57.784.885(0,35%) e con valore medio di €878,00.
Pertanto, in presenza di un numero così elevato di ricorsi di valore modesto, la figura del giudice onorario potrebbe smaltire i giudizi pendenti di tale importo, che altrimenti appesantirebbero i giudici togati, così consentendo a un congruo numero di magistrati professionali di occuparsi delle cause di più elevato valore; così facendo la figura del giudice onorario tributario consentirebbe di non disperdere le indiscusse professionalità di cui il sistema si pregia.
Così articolato, la presente proposta di legge si pone l’obiettivo ambizioso di riformare la giustizia tributaria prima ancora che nella struttura territoriale, creando un sistema tributario autonomo e indipendente, caratterizzato da forte professionalità e tecnicismo.
Ciò posto, tale proposta di legge prevede, precisamente, che le controversie tributarie di cui all’art. 2 del Dlgs n.546/1992, il cui valore ai sensi dell’art. 12 comma 2 del citato D.lgs, non superi tremila euro, vengano decise dal giudice onorario tributario; l’ufficio di tale giudice può essere articolato in sezioni e ha sede presso ogni tribunale tributario.
E’disposto, altresì, che i giudici onorari tributari vengano nominati con decreto del Presidente del Consiglio, in conformità alla deliberazione del Consiglio di Presidenza delle giustizia tributaria; laddove non sia diversamente ordinato, ai giudici onorari tributari si applicano le disposizioni di cui al D.lgs n. 116 del 23 luglio 2017, in quanto compatibili.
Tale decreto del presidente del Consiglio, per di più, disciplina le modalità per il procedimento di nomina, per le incompatibilità, per lo svolgimento del tirocinio e i criteri di attribuzione del titolo di preferenza.
Ai giudici onorari tributari è corrisposta l’indennità di cui all’art.23, comma 2 del D.lgs n. 116/2017.
4.3.I giudici dei Tribunali Tributari e delle Corti d’Appello
La proposta di legge in oggetto dispone che la selezione dei giudici dei tribunali tributari e delle Corti di appello deve avvenire mediante concorso pubblico, a base regionale, per titoli ed esami orali, ex art. 97 ultimo comma della Costituzione; le prove orali avranno ad oggetto il diritto tributario e il diritto processuale civile.
Per quanto riguarda le specifiche modalità di svolgimento del concorso a base regionale, dovrà essere emanato un successivo regolamento attuativo.
Per quanto riguarda i requisiti per la partecipazione al concorso per giudici dei Tribunali Tributari è previsto che i candidati devono essere in possesso di laurea magistrale in giurisprudenza o in economia e commercio. La Commissione giudicatrice per il concorso di giudici dei tribunali tributari sarà formata da :
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un magistrato, consigliere della Cassazione, che la presiede;
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un professore ordinario di diritto tributario;
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un avvocato tributarista , in base alla legge n. 247 del 31 dicembre 2012 e decreto del Ministero della Giustizia n. 144 del 12 agosto 2015, iscritto all’albo dei cassazionisti da almeno vent’anni;
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un dottore commercialista iscritto all’albo da almeno vent’anni.
E’ anche previsto che, a parità di votazione, rappresenta titolo preferenziale la partecipazione alla cessate commissioni provinciali e, ad ogni modo, nel corso degli anni deve essere previsto il rafforzamento della qualificazione professionale dei giudici tributari, al fine di assicurarne un’adeguata preparazione specialistica.
Per quanto riguarda i requisiti di partecipazione per il concorso per la selezione dei giudici di Corte d’Appello, è necessario essere in possesso della laurea magistrale in giurisprudenza o in economia e commercio, conseguita da almeno dieci anni.
La Commissione giudicatrice è formata dagli stessi componenti della commissione per la selezione dei giudici dei tribunali tributari.
Per di più, presso ogni Corte d’appello tributaria è istituito un ufficio del massimario che provvede a rilevare, a classificare e ordinare in massime le sentenze pronunciate nel distretto.
Al Tribunale Tributario e alla Corte d’appello tributaria è preposto un Presidente, che presiede anche la prima sezione; tale incarico ha durata quinquennale a decorrere dalla data di esercizio effettivo e non è rinnovabile.
La proposta di legge dispone, inoltre, che a ciascuna sezione venga assegnato un presidente, un vicepresidente e due giudici tributari, per un totale di quattro giudici tributari; il collegio, se non è a composizione monocratica, è presieduto dal Presidente della sezione o dal vicepresidente e giudica con un numero variabile di tre votanti.
Il presidente di ciascun Tribunale Tributario e di ciascuna Corte d’Appello tributaria, all’inizio di ogni anno, stabilisce con proprio decreto la composizione delle sezioni in base ai criteri fissati dal consiglio di presidenza della giustizia tributaria per assicurare l’avvicendamento dei componenti tra le stesse.
La proposta di legge, prevede che il Tribunale e la Corte d’Appello giudicano in composizione monocratica nelle seguenti controversie:
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di valore non superiore a 30.000 euro,secondo le disposizioni di cui all’art. 12 , comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo n.546 del 31 dicembre 1992 e successive modificazioni e integrazioni;
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relative alle questioni catastali di cui all’art. 2 comma 2, D.lgs n.546/1992 e successive modifiche e integrazioni;
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giudizi di ottemperanza senza alcun limite d’importo;
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negli altri casi tassativamente previsti dalla legge.
Inoltre, il Tribunale Tributario e la Corte d’Appello giudicano in composizione monocratica le controversie per le quali la legge prevede il previo esperimento del reclamo-mediazione.
In riferimento alla difesa tecnica innanzi al giudice collegiale e monocratico, sono abilitati tutti i professionisti che attualmente difendono dinanzi alle Commissioni Tributarie, ex art. 12 D.lgs. n.546/1992.
I giudici tributari, invece, secondo la proposta di legge dovranno cancellarsi dai rispettivi albi professionali; così facendo potrà essere garantita la loro imparzialità.
Con tale tipo di reclutamento dei giudici dei Tribunali Tributari e della Corte d’Appello, ossia tramite concorso pubblico, per titoli ed esami, si darebbe vita a una classe di giudici altamente professionale e specializzata, competente per decidere questioni giuridiche caratterizzate da elevato tecnicismo.
La normativa vigente, allo stato attuale, prevede giudici a tempo parziale e questo, certamente, non ne tutela la loro professionalità, atteso il delicato e complesso tecnicismo della materia tributaria in cui si trovano a operare, nonché il valore spesso elevato delle questioni trattate.
Per quanto riguarda il trattamento economico, per i giudici tributari si devono prevedere criteri di determinazione del trattamento economico congruo e dignitoso, tenendo in considerazione la delicatezza del lavoro svolto e la professionalità richiesta.
La proposta di legge, a tal proposito, dispone che oltre al trattamento economico, al giudice tributario si applichi il trattamento previdenziale, assistenziale, comprensivo di ferie e permessi, e del sistema di guarentigie del magistrato ordinario di prima nomina al momento del conferimento delle funzioni giurisdizionali; invece, per gli aumenti successivi del trattamento economico, tenendo conto dell’anzianità di servizio, si rinvia a un successivo regolamento.
La professionalizzazione dei giudici tributari consentirebbe, pertanto, di riconoscere agli stessi una retribuzione congrua al ruolo e alle responsabilità, come è stato adeguatamente previsto dalla proposta di legge in questione; ad oggi, invece, i giudici tributari, pagati in ritardo dal MEF, non percepiscono nulla per le sospensive, 15 euro nette a sentenza depositata e 1,50 euro a sentenza per rimborso spese (art. 13 D.Lgs. n. 545/92 e Decreto Ministeriale 05 febbraio 2016, in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 6086/2014) indipendentemente dal valore della causa.
E’ di tutta evidenza che, solo attraverso una retribuzione proporzionata alla professionalità dei giudici, richiesta per le controversie tributarie aventi ad oggetto questioni giuridiche delicate e altamente tecniche, si potrà garantire il tanto auspicato giusto processo, con la parità processuale tra cittadino-contribuente e Fisco, senza limiti d’istruttoria nella difesa.
4.4. La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria
La proposta di legge dispone, per l’ultimo grado di giudizio che, salva la competenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione relativamente alle sole questioni di giurisdizione, la sezione tributaria della Corte di Cassazione giudica le impugnazioni delle sentenze delle Corti d’Appello Tributarie.
Il Supremo Consesso è composto da trentacinque giudici, ripartiti in cinque sotto sezioni, in ragione della materia (imposta sui redditi, imposta sul valore aggiunto, altri tributi, riscossione, rimborsi). Inoltre, il presidente della sezione tributaria è anche presidente della prima sottosezione. Le altre sotto sezioni sono presiedute da uno dei loro componenti. I collegi sono composti da un numero fisso di tre membri.
4.5. Il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria
La proposta di legge de qua dispone che il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria esercita la vigilanza su tutti gli uffici e su tutti i magistrati e ha autonoma sede in Roma; pertanto, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha facoltà di chiedere direttamente al predetto Consiglio informazioni circa il funzionamento della giurisdizione tributaria.
Inoltre, i componenti del Consiglio della giustizia tributaria sono:
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il Presidente della sezione tributaria della Corte di Cassazione, componente di diritto ratione officii ;
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quattro magistrati delle Corti di Appello Tributarie, componenti eletti;
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nove magistrati dei tribunali tributari, componenti eletti;
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quattro esperti eletti dal Parlamento; due dalla Camera dei Deputati e due dal Senato della Repubblica, con votazione distinta per ciascuno esperto, a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera nelle prime tre votazioni e,quindi, con ballottaggio tra i due candidati più votati nella terza votazione.
Precisamente, ogni Camera elegge un esperto tra i professori di università in materia tributaria e un altro tra i soggetti abilitati alla difesa dinanzi ai Tribunali Tributari e alle Corti d’Appello Tributarie, che risultano iscritti nei rispettivi albi professionali da almeno dieci anni.
La proposta di legge prevede, inoltre, la durata di cinque anni per il Consiglio di Presidenza e che le sue elezioni hanno luogo entro i tre mesi anteriori alla scadenza del precedente Consiglio e sono indette con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno trenta giorni prima della data stabilita.
Per l’elezione di tale Consiglio i magistrati tributari possono esprimere il proprio voto personale, diretto e segreto, per un solo candidato.
La proposta di legge in esame, per di più, individua le seguenti attribuzioni del Consiglio di Presidenza:
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verifica i titoli di ammissione dei propri componenti e decide sui reclami attinenti alle elezioni;
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disciplina con regolamento di organizzazione il proprio funzionamento;
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formula al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i presidenti dei Tribunali Tributari e delle Corti d’Appello Tributarie, proposte per l’adeguamento e l’ammodernamento delle strutture e dei servizi;
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predispone la relazione annuale;
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promuove, avvalendosi dell’Ufficio e di specialisti esterni, iniziative volte a perfezionare la formazione e l’aggiornamento tecnico-professionale;
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esprime parere sugli schemi di regolamento e di convenzioni previsti dal presente codice o che comunque riguardano il funzionamento dei Tribunali e Corti d’Appello Tributarie dei fondi stanziati per le spese di loro funzionamento;
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esprime parere sulla ripartizione tra Tribunali Tributari e Corti di Appello Tributarie dei fondi stanziati per le spese di loro funzionamento;
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delibera su ogni altra materia a esso attribuita dalla legge.
5. Conclusioni
Dopo aver esposto i punti essenziali in cui si articola la presente proposta di legge, può ritenersi con certezza che questo sia il momento favorevole per avviare la riforma della giustizia tributaria, anche perché si sono creati degli spazi attuativi sia grazie alle misure deflattive della pace fiscale, che grazie al minor contenzioso registratosi, come emerge dalla relazione annuale del MEF.
Invero, l’obiettivo ambizioso e lungimirante che si pone la citata proposta di legge è riformare, come anzidetto, la giustizia tributaria prima ancora che nella struttura territoriale, nei principi ispiratori, proponendo un sistema tributario autonomo e indipendente, caratterizzato da forte professionalità e tecnicismo, nel pieno rispetto del giusto processo ex art. 111 Cost.
Solo un sistema giudiziario più equo, efficiente e trasparente può determinare un diverso rapporto tra lo Stato e il Cittadino, basato sulla parità processuale e sull’adeguata difesa, prima ancora che tra il Fisco e il Contribuente.
Avv. Maurizio Villani
AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
Patrocinante in Cassazione